A. Chollet u.a. (Hrsg.): Expériences du tirage au sort en Suisse et en Europe

Cover
Titel
Expériences du tirage au sort en Suisse et en Europe (XVIe –XXIe siècles) / Erfahrungen des Losverfahrens in der Schweiz und in Europa (16.–21. Jahrhundert).


Herausgeber
Chollet, Antoine; Fontaine, Alexandre
Reihe
Pubblicazione in serie (74)
Erschienen
Bern 2017: Bibliothek am Guisanplatz
Anzahl Seiten
324 S.
von
Nenad Stojanovic

L’uso del sorteggio in ambito politico e istituzionale è tornato di moda. Sempre più governi, organizzazioni non governative e gruppi di ricerca accademica sperimentano il sorteggio allo scopo di includere maggiormente cittadine e cittadini comuni nel dibattito politico e dare così risposta alla crisi, (vera o presunta), della democrazia rappresentativa. In Francia, per esempio, il presidente Macron ha messo in piedi una Convention citoyenne pour le climat composta da 150 persone estratte a sorte. Nella maggior parte dei casi si tratta però di sperimentazioni puntuali e, soprattutto, i governi sono liberi di tenere conto o no delle relative conclusioni. A poco a poco, tuttavia, osserviamo tentativi di istituzionalizzazione di organi politici i cui membri sono selezionati, integralmente o parzialmente, tramite sorteggio. È il caso dello Stato dell’Oregon dove il Citizens’ Initiative Review, un minipublic composto da una ventina di cittadini sorteggiati, si inserisce nelle strutture della democrazia diretta. In Europa, nella comunità germanofona del Belgio, dal settembre del 2019 esiste un organo denominato Bürgerrat – composto da 24 persone, di cui dodici sorteggiate – che ha certe prerogative nel processo legislativo.

Anche in Svizzera si parla sempre più frequentemente di sorteggio. Nel novembre 2019 una prima sperimentazione, proprio sulle orme del modello dell’Oregon, ha avuto luogo in Vallese: durante quattro giorni, un minipublic, composto da venti elettori e elettrici di Sion selezionati tramite sorteggio, ha discusso dell’iniziativa popolare federale sulle pigioni moderate e ha redatto un rapporto esplicativo di due pagine, che è stato poi inviato a tutti i votanti di Sion in vista della votazione del 9 febbraio 2020. Nel 2022 invece le cittadine e i cittadini svizzeri saranno chiamati ad esprimersi su un’iniziativa popolare che chiede che i giudici del Tribunale federale non siano più eletti dal Parlamento, bensì sorteggiati fra tutte le candidate e i candidati ritenuti idonei ad assumere la carica.

Ho iniziato questa recensione affermando che il sorteggio è tornato di moda. In effetti pochi sanno che in diverse città e cantoni svizzeri – ma anche altrove in Europa – il sorteggio era assai diffuso fino all’inizio dell’Ottocento. Il volume curato da Antoine Chollet e Alexandre Fontaine è perciò importante sia per colmare la lacuna che vede i libri di storia pressoché ignorare l’uso del sorteggio nella vecchia Confederazione, sia per arricchire i dibattiti odierni in ambito di teoria politica nonché quelli che interessano (e interessano sempre più) l’opinione pubblica.

In particolare, il lettore o la lettrice interessata potrà apprendere le motivazioni e le modalità di funzionamento del sorteggio nella Repubblica di Berna (Nadir Weber), nei cantoni di Glarona e Svitto (Aurèle Dupuis), a Yverdon e in tante altre località vodesi (Patricia Brand e Catherine Guanzini), nonché nelle procedure di nomina (in alcuni cantoni) dei delegati alla Dieta federale (Andreas Würgler) e dei rappresentanti nelle istituzioni della Repubblica elvetica (Maxime Mellina). Il volume offre però anche uno sguardo più ampio, con capitoli sull’uso del sorteggio a Genova e a Venezia (Maud Harivel), nella città di Unna in Vestfalia (André Stappert), nelle lotterie statali e in particolare in Prussia (Tilman Haug), nonché sulla prassi diffusa di far ricorso a dei bambini, simbolo di purezza e innocenza, per le operazioni di estrazione a sorte (Yves Sintomer).

Il motivo principale per optare per il sorteggio era la lotta alla corruzione ma anche il desiderio di limitare tensioni sociali e politiche. In altre parole, non tanto la democratizzazione della società quanto la sua pacificazione era la preoccupazione maggiore. Nella Svizzera dell’ancien régime erano ammessi al sorteggio non certo tutti i cittadini ma di regola soltanto gli esponenti delle famiglie aristocratiche e/o patrizie. Ciò vuol dire che l’uso del sorteggio serviva di fatto a rendere più duraturo e stabile il carattere aristocratico della repubblica (quella di Berna, per esempio). Sarebbe perciò senz’altro inappropriato glorificare acriticamente l’uso del sorteggio in quel periodo della storia svizzera. Ma sarebbe altrettanto sbagliato ignorarlo o vederlo come una cosa del passato, negandogli la possibilità di diventare una fonte di ispirazione per le riforme istituzionali necessarie al giorno d’oggi.

Un altro aspetto importante è che il sorteggio fu impiegato non per abolire le elezioni, bensì insieme alle elezioni. L’elezione del Doge di Venezia, per esempio, consisteva in ben nove turni in cui l’elezione e il sorteggio si alternavano. Non solo: in alcune fasi della procedura il sorteggio serviva per sapere chi sarebbe diventato un grande elettore, mentre in altre fasi aveva come scopo la riduzione del numero dei grandi elettori. Procedure simili furono istituite anche in Svizzera, in alcuni posti (come a Berna) persino con riferimento esplicito a Venezia. Questo ci fa capire che, anche nei dibattiti odierni, non bisogna vedere nel sorteggio un’alternativa alle elezioni, bensì uno strumento che potrebbe complementare, arricchire e migliorare i processi elettorali esistenti. Fra l’altro, l’uso alternato di elezioni e estrazioni a sorte serviva anche a ridurre il rischio che certi uffici importanti venissero occupati da persone inesperte, probabilmente la critica più ricorrente (anche se spesso esagerata ed elitista) contro il sorteggio.

Il volume si conclude con due contributi scritti da politologi e teorici della democrazia che mettono in rilievo i vantaggi che il sorteggio potrebbe avere al giorno d’oggi dal punto di vista dei principi della democrazia (Dimitri Courant), a patto di prestare attenzione ai dettagli della procedura (Gil Delannoi). Si pensi per esempio ai vantaggi che derivano dal calcolo delle probabilità: il sorteggio permette infatti di avere organi politici la cui diversità interna rispecchia quella della società intera (secondo i criteri quali sesso, età, formazione, ceto sociale, orientamento politico ecc.). Un organo sorteggiato è quindi in questo senso «rappresentativo» della società. Questo è un concetto di rappresentatività, quindi, diverso da quello che conosciamo in un sistema basato soltanto sulle elezioni, dove i rappresentanti sono ritenuti tali perché godono del consenso di coloro che li hanno eletti.

Il volume sarà di interesse sia per gli storici, in particolare per le ricercatrici e i ricercatori che lavorano sulla storia delle istituzioni elvetiche, sia per i teorici e gli attivisti della democrazia partecipativa e deliberativa. Va notato, infine, che si tratta di un volume plurilingue, con sette capitoli in francese, tre in tedesco e uno in inglese, preceduti da un’introduzione in francese e tedesco. Il volume si conclude con i riassunti di tutti i capitoli in queste tre lingue. Da qui deriva la scelta della lingua della presente recensione, anche in considerazione dell’importanza che l’uso del sorteggio nelle repubbliche italiane ha avuto in Svizzera e altrove in Europa.

Zitierweise:
Stojanovi, Nenad: Rezension zu: Chollet, Antoine; Fontaine, Alexandre (ed.): Expériences du tirage au sort en Suisse et en Europe (XVI e –XXIe siècles) / Erfahrungen des Losverfahrens in der Schweiz und in Europa (16.–21. Jahrhundert), Berna 2017. Zuerst erschienen in: Schweizerische Zeitschrift für Geschichte 70 (2), 2020, S. 315-317. Online: <https://doi.org/10.24894/2296-6013.00063>.

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